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Venerdi' 28 aprile 2006: Notizie sull'Iraq occupato


  • L'APPELLO DELLE ONG: 'La guerra mette a rischio gli aiuti'
  • Iraq: Sono 35 le vittime italiane dall'inizio della guerra
  • Battaglia a Baquba, uccisi 21 insorti
  • DILIBERTO: PRIMA DELL'ESTATE TUTTI A CASA
  • Iraq, esercito annuncia uccisione comandante locale al Qaeda
  • Usa: Iraq è 'porto franco del terrorismo'
  • ... e altre ...


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Venerdi' 28 aprile 2006: Notizie sull'Iraq occupato

Agenzie e testate varie

Venerdì 28 aprile 2006: Notizie sull'Iraq occupato




DILIBERTO: PRIMA DELL'ESTATE TUTTI A CASA

No war(28/04/2006) - "Io non avrei mai inviato truppe in Iraq, ma visto che un governo scellerato lo ha fatto, è evidente che ora vanno ritirate. Prima dell'estate devono essere tutti a casa". Oliviero Diliberto, segretario del Pdci, in una intervista al Corriere della Sera, prova a dettare i tempi dell'agenda del governo dell'Unione sul disimpegno italiano dall'Iraq. "lì - afferma - c'è una guerra di occupazione, che non ha nulla a che fare con la armi di distruzione di massa o la democrazia. C'è una guerra civile in corso". Per quanto riguarda i 'to dò dettati dal programma, Diliberto interpreta il calendario previsto come "il tempo necessario per smontare i campi" e l'accordo con le autorità irachene nel senso che "si comunicherà che andiamo via. E anche se ci dicono 'restate', noi andiamo via lo stesso". Insomma, per il segretario del Pdci, "noi non arriveremo neanche a discutere il rifinanziamento il 30 giugno. Al primo Cdm dovremo finanziare il rientro. Questo è nel programma dell'Unione e, se si inizia a modificarlo, allora significa che si va verso l'ingovernabilità".
Concludendo, Diliberto afferma che "ci sono distinzioni tra chi attacca i civili e chi attacca i militari. La lotta contro un esercito di occupazione è cosa diversa dall'uccisione di civili innocenti".

http://www.imgpress.it/notizia.asp?idnotizia=18615&idSezione
=1





Iraq: '10, 100, 1000 nassiriya', Rizzo e Diliberto indagati a Roma

Roma, 28 apr. - (Adnkronos) - La procura di Roma, nella persona del pm Nicola Maiorano, ha iscritto nel registro degli indagati il segretario del Pdci Oliviero Diliberto e l'eurodeputato dello stesso partito Marco Rizzo per istigazione a delinquere e oltraggio alla pietà dei defunti. A riferirlo è l'avvocato Luciano Randazzo, che spiega come l'indagine sia partita dalla denuncia del presidente dell'Associazione vittime del terrorismo Bruno Berardi.

http://www.metronews.it/det.php?id=113271&fid=adnk_id




Soldati per proteggere gli aiuti, l'exit-strategy del centrosinistra
di Claudia Fusani

Repubblica, 28 aprile 2006

Roma - Ottobre. Potrebbero cadere in autunno i tempi tecnici necessari all'Italia per chiudere Antica Babilonia e ritirare il contingente militare, 3.300 uomini di tutte le forze armate che dal luglio 2003 hanno presidiato e ricostruito Nassiriya e la regione del Dhi Qar sotto il comando alleato inglese. Una missione di pace che è costata la vita a 29 militari e sette civili, un bilancio pesante, il terzo per numero di vittime tra tutti i paesi della coalizione.
La via d'uscita dall'inferno iracheno. Come, quando e, soprattutto, cosa succederà dopo? E i rapporti con Bush e Blair? E gli aiuti al governo iracheno? Ieri nessuno nel centro sinistra ha voluto parlare ufficialmente di exit strategy ma la questione irachena sarà una delle prime a dover essere risolta dal nuovo governo. "Il piano di rientro sarà affrontato e scandito già nel decreto con cui a giugno il Parlamento dovrà rinnovare le missioni all'estero tra cui quella irachena" precisa il diessino Marco Minniti. Uno dei primi atti del nuovo governo, dunque, come promesso durante i mesi della campagna elettorale.
Il fatto è che anche l'exit strategy decisa dal centro destra e annunciata a gennaio dal ministro Antonio Martino non è molto diversa. Almeno nei tempi. Da settembre dell'anno scorso al prossimo giugno la missione sarà dimezzata: dei 3.300 iniziali, oggi sono impiegati a Nassiriya 2.600 militari che a giugno saranno "tagliati" di altre mille unità. Poi, come spiegò lo stesso Martino, "entro la fine del 2006 è prevista la fine della missione e il contestuale inizio di quella nuova, mista militare e civile".
Ora, spiega un esperto di cose militari del centro-sinistra, "l'Unione, ammesso anche che voglia accelerare al massimo il rientro, non può realisticamente chiudere la partita prima della fine dell'estate o dei primi mesi dell'autunno". In una missione militare all'estero, in un contesto di rischio e complesso come quello iracheno, "dove fino all'ultimo uomo che resta laggiù deve essere garantita protezione e copertura logistica e di mezzi", i tempi tecnici del ritiro "non possono essere compressi più di due mesi". Tempi, quindi, non troppo differenti rispetto a quelli già decisi dalla Cdl. Lo stesso Prodi ieri ha detto: "La nostra posizione non è nemmeno lontana da quella che oggi sta esprimendo il governo italiano quando dichiara di ritirarsi entro la fine del 2006".
Mese più mese meno, il problema vero non è tanto quando finisce la missione ma cosa succede un secondo dopo. Un problema soprattutto per le tante anime dell'Unione. Il programma, da questo punto di vista, è una coperta che accontenta tutti ma volutamente non chiarisce. A pagina 104 nel capitolo "Noi e gli altri", nel sotto capitolo dedicato all'Iraq, si legge: "Se vinceremo le elezioni, immediatamente proporremo al Parlamento italiano il conseguente rientro dei nostri soldati nei tempi tecnicamente necessari definendone, anche in consultazione con le autorità irachene, le modalità affinché le condizioni di sicurezza siano garantite". E poi la scommessa più difficile: "Il rientro sarà accompagnato da una forte iniziativa politica in modo da sostenere nel migliore dei modi la transizione democratica dell'Iraq".
Ieri tutti i leader del centro sinistra hanno rinviato al programma, hanno promesso che il terrorismo non sposta di una virgola la politica estera del governo e hanno freddato sul nascere le "speranze" di chi, dopo le nuove vittime di Nassiriya, ha immaginato un effetto-Zapatero, il ritiro su due piedi delle truppe italiane.
"Cosa significherà cambiare il profilo della missione da militare a civile con lo scudo di una piccola aliquota militare, è questione da concordare con il governo di Bagdad" insiste Minniti. Poco prima di Pasqua una fonte diplomatica ipotizzò a Repubblica una missione civile (Provincial reconstruction team) con una scorta di 600 militari, probabilmente carabinieri, per quello che in gergo è definito il "necessario quadro di sicurezza".
Oggi si fa notare che seicento equivale a due reggimenti, "un numero decisamente al di là delle inderogabili esigenze di protezione e sicurezza". Silvana Pisa, diessina, neo senatrice, è una delle parlamentari che hanno dato vita al Forum dei parlamentari pacifisti. Settembre o novembre, dice, "cambia poco. La vera questione è separare nettamente le due missioni e come gli iracheni percepiscono la discontinuità tra la missione militare e quella civile". Le divisioni nasceranno esattamente in questo punto. "Autodeterminazione del popolo iracheno" dice la sinistra radicale. "Aiuti, ricostruzioni, missione mista" insiste l'Ulivo. Ci sarebbe poi il capitolo soldi. Che spesa di bilancio può ancora sopportare l'Italia per l'Iraq?

http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php
?articleid=2232





Iraq. Battaglia a Baquba, uccisi 21 insorti

Baquba, 28 aprile 2006
Almeno 21 ribelli sono stati uccisi e altri 43 catturati nei combattimenti cominciati ieri nella città di Baquba, una sessantina di chilometri a nord-est di Baghdad, dove i guerriglieri hanno lanciato un'offensiva coordinata contro la polizia e i militari iracheni. Le perdite fra le forze di sicurezza, fanno sapere i militari americani, ammonta a 16 morti, fra cui 6 militari.
Il governatore della provincia di Diyala, di cui Baquba è capoluogo, Raad Mullah Jawad, al termine dei combattimenti ha imposto il coprifuoco.
Gruppi di insorti hanno attaccato ieri numerosi posti di blocco e la principale caserma della polizia di Baquba. I combattimenti, ha spiegato ieri il governatore Jawad, sono cominciati intorno alle 14:00 con una serie di attacchi stati sferrati nella zona di Gatoon, a sud-est della citta', e in quella di Buhriz, a nord-ovest, ma le forze di sicurezza irachene, appoggiate dalle forze Usa - ha aggiunto il governatore - hanno respinto gli aggressori.
Il vicino villaggio di Deli Abbas, quartier generale della Terza Brigata della Quinta Armata irachena, è stato attaccato da almeno 100 ribelli. I militari hanno risposto, uccidendo quattro insorti. Sei soldati hanno perso la vita.
In uno degli assalti, gli insorti si sono avvicinati ad un posto di blocco con fiori e ghirlande, per simulare di starsi recando a un un matrimonio, prima di aprire il fuoco contro i militari

http://www.rainews24.rai.it/Notizia.asp?NewsID=61299




Iraq: Baquba, coprifuoco dopo scontri di ieri

BAQUBA (Iraq) - Coprifuoco a Baquba, nel nord dell'Iraq, dopo gli scontri che ieri hanno provocato la morte di almeno 30 persone. I disordini sono seguiti all'attacco lanciato dai ribelli contro diverse postazioni della polizia e dell'esercito iracheni. Lo hanno riferito fonti americane. In seguito alla decisione adottata dalle autorità irachene sono state bloccate le strade che collegano la città con Bagdad. (Agr)

http://www.corriere.it/ultima_ora/agrnews.jsp?id=%7BAE5E1DE9
-A967-41D8-A858-01F9E5FAEADC%7D





Iraq: Sono 35 le vittime italiane dall'inizio della guerra

Appunti Con i tre militari uccisi oggi a Nassiriya è salito a 35 il numero degli italiani che hanno perso la vita in Iraq, dall'avvio della missione Antica Babilonia nel giugno 2003. Tra questi anche sei civili: il regista Stefano Rolla e l'operatore della cooperazione internazionale Marco Beci uccisi nell'attentato di Nassiriya del 12 novembre 2003, Fabrizio Quattrocchi trucidato dopo essere stato rapito, così come Enzo Baldoni e l'imprenditore italo-racheno Ayad Anwar Wali; l'italo-inglese Salvatore Santoro, morto in circostanze misteriose. E ancora: l'agente del Sismi Nicola Calipari, ucciso da fuoco americano durante la liberazione della giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena.

LE VITTIME MILITARI
- 12 novembre 2003: esplode un'autobomba nel cortile dellamissione (Msu) italiana a Nassiriya, muoiono 12 carabinieri, 5 militari dell'Esercito e 2 civili, Stefano Rolla e Marco Beci.
- 7 maggio 2004: Matteo Vanzan, lagunare di 23 anni, viene colpito dalle schegge di un colpo di mortaio, muore dieci giorni dopo
- 5 luglio 2004: il caporalmaggiore Antonio Tarantino muore in unincidente stradale
- 21 gennaio 2005: il maresciallo Simone Cola, 32 anni, muore abordo di un elicottero, colpito da un proiettile sotto l'ascella
- 4 marzo 2005: Nicola Calipari, alto funzionario del Sismi, viene ucciso dai soldati americani sulla strada per l'aeroporto di Baghdad, con al suo fianco Giuliana Sgrena, rimasta ferita
- 15 marzo 2005: muore durante le esercitazioni il sergente Salvatore Marracino
- 31 maggio 2005: cade elicottero dell'Esercito, muoiono i 4soldati a bordo: il tenente colonnello Giuseppe Lima, 39 anni diRoma, il capitano Marco Briganti, 33 anni di Forlì; i mitraglieridi bordo, Massimiliano Biondini, 33 anni di Bagnoreggio (Vt) e Marco Cirillo, 29 anni, di Viterbo.
- 27 aprile 2006: alle 8.50 ora locale, le 6.50 in Italia, una bomba ad alto potenziale piazzata sulla strada a sud-ovest di Nassiriya devasta il blindato sul quale viaggiava una pattuglia militare italiana. Muoiono Nicola Ciardelli (34 anni e un figlio di due mesi), capitano dell'Esercito, paracadutista, alla sua seconda missione in Iraq; Franco Lattanzio, 38 anni, maresciallo dei carabinieri in servizio a Chieti, celibe; Carlo De Trizio, 37 anni, barese, maresciallo capo del nucleo armato radiomobile dei carabinieri di Roma; anche lui alla sua seconda missione in Iraq. Gravemente ferito il maresciallo dei carabinieri Enrico Frassinito, 41 anni, trasferito in un ospedale militare americano con ustioni su metà del corpo.

LE VITTIME CIVILI

I civili rimasti uccisi nel conflitto iracheno sono, oltre ai due deceduti a Nassiriya il 12 novembre 2003: l'addetto alla sicurezza Fabrizio Quattrocchi (14 aprile 2004); il giornalista Enzo Baldoni (26 agosto 2004), l'imprenditore italo-iracheno Ayad Anwar Wali (2 ottobre 2004), l'italo-britannico Salvatore Santoro (13 dicembre 2004).

http://www.canisciolti.info/modules.php?name=News&file=artic
le&sid=8068





L'APPELLO DELLE ONG

'La guerra mette a rischio gli aiuti'

Terre des Hommes: 'Necessario un ritiro immediato delle truppe di occupazione. Le organizzazioni non governative sono in pericolo'
MILANO, 28 aprile 2006 - Terre des hommes (TDH) ha espresso «profondo dolore» per la morte dei militari italiani e del caporale della polizia militare rumena nell'attentato di ieri a Nassiriya. «Questo gravissimo fatto - ha detto il presidente della ong umanitaria, Raffaele Salinari - dimostra ancora una volta la necessità di un ritiro immediato delle truppe di occupazione, comprese quelle italiane, impegnate in una vera e propria operazione militare nell'ambito di una guerra illegittima, in aperta violazione del diritto internazionale».
La situazione in Iraq si è «progressivamente deteriorata e la stessa costituzione di un governo ufficiale, rappresentativo di tutte le componenti etniche e religiose della popolazione, si rivela ogni giorno più difficile», ha spiegato Bruno Neri, coordinatore dei progetti in Iraq.
«Il rischio di guerra civile è più che mai attuale e in questo contesto il lavoro delle organizzazioni non governative impegnate in progetti a favore della popolazione civile irachena diventa, se possibile, ancora più pericoloso che in passato».
Quella dell'Italia, ha concluso Salinari, «si è rivelata una missione che mette in pericolo tutta la comunità dell'aiuto umanitario presente in Iraq e la possibilità direalizzare un processo democratico e di ricostruzione nel Paese».

http://ilgiorno.quotidiano.net/art/2006/04/28/5413292




Usa: sospesi studenti pacifisti

Hanno deciso di protestare contro la presenza nel loro liceo dei reclutatori del corpo dei marine e l'hanno pagata cara: la direzione della scuola "Thomas Johnson" di Frederick - nel Maryland, Stati Uniti - ha infatti deciso di sospenderli.
Quando hanno visto arrivare i militari, cinque studenti, tutti minorenni, si sono buttati per terra fingendosi cadaveri (era ovviamente una protesta per l'alto numero di giovani vite americane perdute in Iraq). Ma la direzione della scuola non l'ha presa affatto bene ed ha deciso di punire i ragazzi.

http://www.centomovimenti.com/2006/aprile/28_usa.htm




Iraq, esercito annuncia uccisione comandante locale al Qaeda

BAGHDAD (Reuters) - Le forze irachene ed americane hanno ucciso un dirigente di al Qaeda in Iraq, hanno riferito oggi fonti interne al ministero dell'Interno e dell'esercito americano.
Humadi al-Takhi, definito come il comandante d'area per conto dell'organizzazione terroristica, è stato ucciso oggi in un raid in un edificio a circa 10 chilometri a nordest della città di Samarra, 100 chilometri da Baghdad.
Non è stato possibile trovare conferme attendibili.
Samarra è una roccaforte dei ribelli arabi sunniti che si oppongono alle forze americane ed irachene, e la città dove un santuario sciita è stato bombardato a febbraio, scatenando le violenze interconfessionali nel Paese.
Un alto ufficiale dei servizi segreti nella vicina città di Tikrit ha detto che il raid si basava su una serie di rapporti di intelligence.
L'esercito americano ha detto in un comunicato che altri due militanti sono stati uccisi nel raid.
Takhi aveva sostituito il suo fratello maggiore, Najim al-Takhi, come comandante di al Qaeda a Samarra dopo che quest'ultimo era stato arrestato nel giugno dell'anno scorso mentre si nascondeva nella parte occidentale di Baghdad.
Il cadavere di Najim era stato rinvenuto in un obitorio al centro di Baghdad ad agosto e riportava segni di tortura.
Ieri, intanto, trenta persone, tra cui sette soldati iracheni, sono rimaste uccise in un attacco lanciato da oltre100 ribelli contro avamposti iracheni militari e della polizia a Baquba.
In un'altra operazione, insorti armati di mortai e lanciarazzi hanno attaccato una sede dell'esercito iracheno.
Quattro insorti sono stati uccisi e sei soldati iracheni sono morti negli scontri che hanno anche causato la morte di due civili.
© Reuters 2006. Tutti i diritti assegna a Reuters.

http://today.reuters.it/news/newsArticle.aspx?type=topNews&s
toryID=2006-04-28T114610Z_01_FAB840806_RTRIDST_0_OITTP-IRAQ- ...





Usa: Iraq è 'porto franco del terrorismo'

14.56: Secondo un rapporto del Dipartimento di Stato americano anticipato dalla CNN, l'Iraq si sta trasformando in un 'porto franco del terrorismo'. Più ancora di Al Quaeda, a minacciare il mondo sarebbero le "cellule autonome". Intanto fonti dell'esercito americano riferiscono che sono 30 i morti, di cui 21 guerriglieri, nel corso di due assalti subiti ieri a Baquba da poliziotti e militari.

http://www.audionews.it/notizia.asp?id=146533




Notizia del 28 aprile 2006 - 15:08
Libero censurato. Ha toccato gli intoccabili?

È stato cancellato dal portale un post contro Berlusconi e Ciampi per i morti di Nassiriya

Nessuna censura, abbiamo rimosso il post in questione su richiesta dell'autore perché, come ci ha scritto lo stesso via e-mail, aveva ricevuto "minacce di morte". Nessuna censura, quindi. Bisognerebbe solo imparare a rispettare le opinioni altrui e, soprattutto, controbatterle con altre opinioni. E non con minacce.
Libero Blog Staff

di nikoneffe

L'attentato al convoglio militare a Nassirya ha naturalmente monopolizzato il web e diviso i bloggers di tutta Italia. L'argomento più discusso è stato non tanto la pietà per i nostri caduti e la solidarietà con il dolore delle loro famiglie ma il ritiro delle truppe, tanto per cominciare a strumentalizzare l'accaduto a fini politici.
Di attacchi come quello alla camionetta dei carabinieri e con bilanci di morte ben più drammatici ne avvengono quotidianamente in Iraq, ma il fatto che stamattina le vittime siano state italiane ha scatenato tutti i mezzi di informazione. Non sia scambiato per cinismo quello che sto scrivendo, ma che in una zona di guerra e di guerriglia muoiano quattro militari rientra purtroppo nella assurda "normalità" delle cose ed è sicuramente più prevedibile di centinaia di morti dilaniati dalle bombe nei mercati e nelle moschee.
Sono però che dell'idea la libertà di opinione sia la più grande e la più sovrana delle libertà. Evidentemente lo pensava anche Libero Blog, se ha messo in prima pagina un blog che addossava la colpa di ciò che è successo a Silvio Berlusconi e addirittura a Carlo Azeglio Ciampi.
Un'analisi che personalmente non condivido e che trovo anzi aberrante, ma che ha raccolto in poco tempo un migliaio di commenti, più a favore che contro.
Un paio d'ore fa, questa pagina è sparita e con essa tutti i relativi links.
E pensare il "manifesto" del portale, intitolato Libero blog in libero web, riporta testuali parole: "Il fine è quello di diffondere gratuitamente i contenuti selezionati per farli conoscere al grande pubblico del web, nell'ottica di un sapere libero e condiviso. Il fine altresì resta quello di far circolare liberamente l'informazione "disintermediata", cioè prodotta e pubblicata direttamente dagli autori sul web all'interno dei loro blog, senza censura alcuna".
E quindi?

Tratto da: http://paparazzate.blogspot.com

http://liberoblog.libero.it/blogworld/bl3425.phtml




Armi: Kalashnikov prodotti in Italia su licenza russa
Venerdì, 28 aprile

Appunti I kalashnikov più dei Rolex, più delle borse di Louis Vuitton. Sono proprio quei fucili mitragliatori l'oggetto più 'taroccatò del mondo, così la Russia ha deciso di riprendere il controllo del marchio e di farlo produrre anche in Italia. Mosca si è accorta di essere l'unica a non far soldi sull'arma preferita da guerriglieri, terroristi e milizie del Terzo Mondo e ha dichiarato scadute tutte le concessioni date in epoca sovietica ai Paesi alleati.
Si calcola che dal 1947 siano stati prodotti più di 100 milioni di pezzi kalashnikov, perlopiù in Paesi dell'ex Patto di Varsavia e altri regimi comunisti, ma anche in nazioni non allineate, come l'India, e occidentali come Israele e Finlandia. "Le 18 licenze concesse dall'Unione Sovietica sono scadute" ha detto Nikolai Shvets, vice presidente del monopolio russo per l'esportazione di armi, "e 11 Paesi hanno cominciato a produrlo senza alcuna autorizzazione". Nonostante la fama sinistra che lo circonda - compare nello stemma nazionale del Mozambico, sul simbolo di Hezbollah e dell'Esercito islamico in Iraq - il Kalashnikov è una fonte senza fine di profitti.
Facile da realizzare, da riparare e da maneggiare, è usato in 50 nazioni in tantissime varianti, la più famosa delle quali è l'AK47. Senza necessariamente dichiarare guerra ai Paesi che 'taroccanò il fucile mitragliatore la strategia russa, ha detto Shvets, è piuttosto quella di trovare accordi con fabbricanti stranieri ai quali permettere di produrre il Kalashnikov. "Al momento stiamo per sottoscrivere un contratto con l'Ungheria" ha detto, "ma siamo in contatto con aziende in Italia, Cina e Repubblica Ceca".

http://www.canisciolti.info/modules.php?name=News&file=artic
le&sid=8096








Dietro gli squadroni della morte e la pulizia etnica ci sono gli alleati degli Usa

Molto inchiostro, nonché indignazione, sta venendo speso a chiedersi se l'Iraq sia sull'orlo della guerra civile, nel mezzo, oppure neanche lontanamente vicino. Dovunque ci si collochi in questa discussione per lo più semantica, l'unica certezza è che il terreno di coltura per l'autodistruzione del paese è la pletora di milizie in Iraq. Secondo la frase adatta di Zalmay Khalilzad, l'ambasciatore Usa a Baghdad, esse sono l' "infrastruttura della guerra civile".
Egli non è il primo padrone Usa in Iraq a individuare il pericolo. Poco prima del trasferimento formale di sovranità agli iracheni, l'allora massimo funzionario dell'America, Paul Bremer, ordinò a tutte le milizie di sciogliersi. Alcuni membri avrebbero potuto entrare nel nuovo esercito. Altri avrebbero dovuto cercarsi un lavoro civile.
Il suo decreto non venne attuato, e adesso, due anni dopo, questa omissione è tornata a perseguitare l'Iraq.
"Stanno morendo più iracheni a causa della violenza delle milizie che a causa dei terroristi", ha detto Khalilzad di recente. "Le milizie devono essere sotto controllo".
Il suo commento diretto è arrivato sulla scia di oltre 1.000 rapimenti e omicidi in un solo mese, di cui sono state incolpate per la maggior parte le milizie sciite. Gli abitanti terrorizzati delle zone in prevalenza sunnite di Baghdad parlano di automobili che arrivano con fragore dopo che fa buio, senza venire bloccate dalla polizia nonostante il coprifuoco. Entrano nelle case e portano via le persone, i cui corpi vengono scoperti in seguito, spesso strangolati o con i segni di buchi fatti con il trapano elettrico - prova di torture fatte prima che venissero assassinati.
La denuncia delle milizie da parte di Khalilzad è stata un voltafaccia straordinario, dato che il focus dell'attività delle forze armate Usa dalla caduta di Saddam Hussein è stata la battaglia contro i jihadisti stranieri e una rivolta nazionalista a guida sunnita. Improvvisamente gli Usa di trovano ad affrontare un maggiore "nemico interno" - le milizie composte dalla comunità sciita, una volta vista dagli Usa come alleata, e gestite da ministri del governo.
La nuova linea, se verrà mantenuta, segna una fine dell'ambiguità precedente. Sotto Bremer c'era una tendenza a considerare alcune milizie come buone, ovvero dalla parte degli Usa, come i combattenti Peshmerga che appartengono ai due grandi partiti kurdi, e altre come cattive, come l'Esercito del Mahdi dell'esponente religioso sciita Moqtada al-Sadr, che si oppone all'occupazione.
Anche una terza milizia, la Badr Organisation, veniva tollerata. Essa è l'ala armata del Consiglio Supremo per la rivoluzione islamica in Iraq, un influente partito politico sciita che aveva appoggiato l'invasione, ed è il principale interlocutore di Washington all'interno della coalizione sciita.
I funzionari Usa parlavano formalmentedella necessità di sciogliere le milizie, ma non hanno mai mostrato alcuna sensazione di urgenza. Per dirla con un rapporto del Pentagono al Congresso lo scorso anno: "Le realtà del paesaggio politico e di sicurezza iracheno lavorano contro il portare a termine la transizione e il reintegro di tutte le milizie irachene a breve termine".
I leader iracheni lodavano le milizie, sostenendo che erano soggette ai ministeri della difesa e degli interni, e quindi assolutamente non un elemento fuorilegge. Alla Badr Organisation era persino stata affidata la responsabilità di difendere l'abitazione del leader religioso venerato dagli sciiti, il Grande Ayatollah Ali al-Sistani.
Il Primo Ministro, Ibrahim Ja'afari, definiva la Badr Organisation l'estate scorsa uno "scudo" che difende l'Iraq, mentre il presidente, Jalal Talabani, sosteneva che la Badr Organisation e i Peshmerga erano patrioti che "sono importanti per portare a termine questo compito sacro, creare un Iraq democratico, federale, e indipendente".
Il difetto nel quadro era che mentre i kurdi e gli sciiti avevano due milizie ciascuno, i sunniti non ne avevano nessuna. I capi sunniti erano in grado di mettere insieme alcuni uomini armati dalle fila della famiglia allargata, in caso di necessità, come era stato fatto per secoli, ma non c'era nulla delle dimensioni della Badr, del Mahdi, o dei Peshmerga. Molti sunniti videro con favore i ribelli che combattevano l'occupazione come un tipo di milizia surrogata.
La rabbia dei sunniti aumentò con la prova di prigioni segrete, gestite dal ministero degli interni, nelle quali centinaia di uomini e ragazzi, in maggioranza sunniti, venivano torturati, e di "squadroni della morte" che agiscono contro i sunniti. Come reazione, i quartieri sunniti di Baghdad hanno iniziato a formare gruppi di vigilanti per difendere il loro territorio.
I funzionari Usa ora vedono le milizie in modo diverso. Eliminarle gradualmente integrandone i membri nelle forze ufficiali di ordine pubblico è considerato rischioso, a meno che la leadership non cambi. A febbraio di quest'anno, la nuova linea del Pentagono era che l'integrazione potrebbe avere come esito forze di sicurezza che "potrebbero essere più leali all'organizzazione politica che le sostiene che al governo centrale iracheno", secondo un nuovo studio, Iraq's Evolving Insurgency and the Risk of Civil War, di Anthony Cordesman, un esperto di Iraq del Centre for Strategic and International Studies di Washington. Ora gli Usa stanno cercando di garantire che il controllo politico sui ministeri degli interni e della difesa sia gestito in modo congiunto da un consiglio di sicurezza composto da tutti i partiti.
I segni incoraggianti sono che i leader iracheni stanno denunciando la violenza di tipo confessionale. Provocazioni come l'attacco suicida della settimana scorsa contro una moschea sciita a Baghdad sembrano essere opera di "outsider". Nessuno ne ha rivendicato la responsibilità, ma esse sono stati probabilmente pianificate da agitatori, stranieri o iracheni, che vogliono spaccare la fragile società irachena per i propri fini politici. Conforta anche il fatto che gli omicidi di strada confessionali hanno origine da milizie che sono controllabili piuttosto che da folle non organizzate.
Proprio come fanno i generali, diplomatici e giornalisti tendono a combattere di nuovo l'ultima guerra. Formati in Bosnia e in Kosovo, i funzionari di Washington sono arrivati in Iraq con l'idea che siccome alcuni iracheni erano sciiti e altri sunniti, queste identità erano destinate a scontrarsi. Questa semplificazione è stata accettata da gran parte dei media, influenzati dalle proprie esperienze nei Balcani. Essa ha acquistato peso quando la gente ha osservato il comportamento settario dei leader religiosi iracheni, in particolare fra gli sciiti. Essi avevano guidato la resistenza contro Saddam e non vedevano alcuna ragione per ritirarsi dalla politica una volta che lui era andato via.
In realtà l'Iraq non ha alcuna storia di pogrom in stile Balcani, dove i vicini si rivoltano contro i vicini, dando fuoco a case e negozi. Ma adesso potrebbe svilupparsi. La violenza distruttiva da parte delle milizie sciite e l'aumento dei vigilanti sunniti con funzioni di difesa hanno lanciato una pulizia etnica a bassa intensità. Fino a 30.000 persone hanno abbandonato le loro case nelle ultime settimane.
La questione cruciale è se le milizie possano essere fatte ritirare in questa fase tardiva. Avendo permesso loro di sfidare gli ordini che inizialmente le vietavano, nonché la nuova costituzione irachena, che le ha messe fuori legge, possono gli Usa convincere o costringere i loro alleati iracheni a scioglierle? Affrontate la rivolta sunnita significa, in termini crudi, affrontare un nemico. Affrontare le milizie maggiori, la Badr e i Peshmerga kurdi, significa che gli Usa devono affrontare i loro amici.

Traduzione di Ornella Sangiovanni ("Tlaxcala")
articolo originale: The Guardian, 14 aprile 2006

da Baghdad

Jonathan Steele

fonte: auman51@libero.it

http://www.pane-rose.it/files/index.php?c3:o6546




IRAQ: ABU GHRAIB, UFFICIALE USA INCRIMINATO PER ABUSI

Washington, 28 apr. (Adnkronos) - E' stato incriminato per abusi sui detenuti un ufficiale dell'esercito americano responsabile degli interrogatori ad Abu Ghraib, il famigerato carcere delle torture a pochi chilometri da Baghdad. Il colonnello Steven Jordan dovrà rispondere di 12 capi d'imputazione davanti al distretto militare di Washington, tra cui per maltrattamento di detenuti e per aver dichiarato il falso.

http://www.adnkronos.com/3Level.php?cat=Esteri&loid=1.0.4092
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I TRE ANNI DELL'OPERAZIONE IRAQI FREEDOM

BEIRUT - L'operazione 'Iraqi Freedom' è iniziata il 20 marzo 2003: alle 5:35 ora irachena, missili Cruise e cacciabombardieri colpiscono obiettivi scelti a Baghdad, solo mezz'ora dopo la scadenza dell' ultimatum del presidente Bush al rais iracheno. A motivare l' operazione il mai dimostrato possesso dell' Iraq di armi di distruzione di massa ed il presunto appoggio ad Al Qaida.

# APRILE 2003 - LA CONQUISTA DI BAGHDAD - Allo stesso tempo inizia l'avanzata delle forze Usa verso la capitale Baghdad, che viene conquistata il 9 aprile. La folla esulta, e con l'aiuto di un carro armato Usa, abbatte la grande statua di Saddam Hussein nella centrale piazza Al Ferdous. All'indomani si scatenano ovunque saccheggi,che non risparmiano neanche il museo archeologico di Baghdad. Due settimane dopo, il 24 aprile, a Kerbala migliaia di sciiti manifestano contro gli Usa.


# MAGGIO 2003 - BUSH, LA GUERRA E' FINITA - Il primo maggio successivo il presidente Bush proclama dal ponte della portaerei Lincoln la fine dei maggiori combattimenti in Iraq e la vittoria della coalizione. Poi, ai primi di luglio il proconsole americano a Baghdad Paul Bremer annuncia la creazione di un Consiglio del governo transitorio dotato di poteri esecutivi, mentre alla fine del mese, il 22, i figli di Saddam, Uday e Qusay, vengono uccisi a Mossul.


# ESTATE 2003 - ATTENTATI SEMPRE PIU' DEVASTANTI, DA ONU A NASSIRYIA - Ma poco più di un mese dopo, il 19 agosto, alle speranze di pace viene inflitto il primo vero duro colpo: un devastante attentato contro la sede dell'Onu a Baghdad causa la morte di 22 persone, tra cui il rappresentante speciale Sergio Vieira de Mello. E ancora, il 29 dello stesso mese, a Najaf un'autobomba davanti alla moschea uccide almeno 80 persone, tra cui l'ayatollah Mohammad Baqr al Hakim. Ai primi di settembre si insedia il primo governo transitorio del dopo-Saddam, ma l'evento non placa gli attacchi, che il 12 novembre investono anche il contingente italiano a Nassiriya: un attentato provoca 28 morti, tra cui 12 carabinieri, 5 militari e 2 civili italiani.


# DICEMBRE 2003 - L'ARRESTO DI SADDAM - Il 13 dicembre, le forze speciali Usa catturano Saddam Hussein, nascosto a Tikrit. Ma anche l'immagine del rais sconfitto non seda la rivolta. Il 2004 porterà una serie interminabile di attentati e anche l'ascesa di un grande nemico: il capo di al Qaida in Iraq, Abu Musab al Zarqawi. Ad Arbil, il primo febbraio due attentati nelle sedi dei due maggiori partiti curdi uccidono 100 persone. E dieci giorni dopo, a Iskandariya e a Baghdad, in due attacchi muoiono oltre 100 reclute dell'esercito. Un mese dopo, a Karbala si registrano 106 morti e 65 a Baghdad in una catena di attentati agli sciiti che celebrano la ricorrenza dell'Ashura.


# MARZO 2004 - FIRMATA COSTITUZIONE PROVVISORIA - Allo stesso tempo, l'8 marzo, il Consiglio di governo firma la Costituzione transitoria, mentre nel Sud, a Najaf, inizia l' inarrestabile ascesa del leader radicale sciita Moqtada Sadr, capo di una rivolta contro le truppe Usa. Nello stesso periodo un'ondata di rapimenti: per primi sette religiosi coreani, poi tre giapponesi, mostrati in un video con il coltello alla gola.


# APRILE 2004 - NELL'ONDATA RAPIMENTI, PRESI ANCHE I PRIMI 4 ITALIANI - Il 13 aprile tocca a quattro italiani: al Jazira trasmette le immagini di Salvatore Stefio, Umberto Cupertino, Maurizio Agliana e Fabrizio Quattrocchi. Il giorno dopo si apprende che Quattrocchi è stato ucciso e che prima di morire si è rivolto ai suoi killer: "Ora vi mostro come muore un italiano". I sui tre compagni verranno poi liberati l'8 giugno.


# APRILE 2004- GOVERNO ALLAWI E SCANDALO ABU GHRAIB - Lo stesso mese, il 28, assume i poteri il governo Allawi, che deve organizzare le elezioni dell'Assemblea Nazionale.In aprile circolano notizie e foto impressionanti su torture e abusi sessuali praticati dai militari Usa nella prigione di Abu Ghraib, alla periferia di Baghdad. Alcuni responsabili saranno poi processati e condannati.Gli attacchi terroristici intanto non accennano a diminuire. Ad agosto, il 31, si registra la più clamorosa strage del dopo Saddam: almeno mille pellegrini sciiti muoiono in una calca micidiale a Baghdad.


# GENNAIO 2005 - LE PRIME ELEZIONI LIBERE - Il 30 gennaio per la prima volta gli iracheni sono chiamati alle urne ed è un successo. Sfidando i terroristi, in milioni scelgono i loro rappresentanti per il governo di transizione e per redigere la nuova Costituzione. Solo i sunniti boicottano l'appuntamento.


# FEBBRAIO 2005- RAPIMENTO SGRENA E UCCISIONE CALIPARI - In quei giorni, il 4 febbraio, a Baghdad viene rapita la giornalista Giuliana Sgrena. Nel giorno della sua liberazione, il 4 marzo, ad un check point un soldato Usa spara sulla sua auto, causando la morte del funzionario del Sismi Nicola Calipari e il suo ferimento.


# AUTUNNO 2005 - REFERENDUM, PROCESSO SADDAM E NUOVO VOTO - La Carta Fondamentale del paese viene infine stilata e sottoposta con successo il 15 ottobre a referendum popolare. Gli elettori vanno in massa a votare, questa volta anche i sunniti. Quattro giorni dopo, il 19, Saddam Hussein, in forma e con tono di sfida, compare per la prima volta in tribunale per il processo: deve rispondere della strage di oltre 140 sciiti. Il 15 dicembre, gli iracheni tornano alle urne per il nuovo parlamento, ma il Paese appare sull'orlo della guerra civile e la situazione peggiora il 22 febbraio 2006, quando un'attentato distrugge la moschea sciita di Samarra, seguito poi da massacri. Il governo di al Jaafari impone il coprifuoco a Baghdad.


# 16 MARZO 2006 - Storico giorno per l'Iraq: s'insedia il nuovo parlamento democratico.


# 22 APRILE 2006 - Jawad al Maliki, leader del partito islamico sciita Dawa, viene incaricato di formare il nuovo governo.


http://www.ansa.it/main/notizie/fdg/200604281018239852/20060
4281018239852.html








Iraq - Attentanti e violenze che segnano la fine di una potenza regionale

QuadrantEuropa 28/04/2006

Vi sono poche prospettive che Baghdad possa svolgere un ruolo di stabilizzazione e di espansione della democrazia nella regione mediorientale, come prevedevano i piani della coalizione dei volenterosi
L’attentato ai militari italiani a Nassirya, commesso con molte probabilità da estremisti sunniti, ripropone il problema della mancata integrazione di questa parte della popolazione irachena nel processo politico in corso nel Paese. Mancanza che è dovuta da una parte alla fretta con cui è stato portato avanti il dopoguerra iracheno, immaginato dagli Usa in maniera completamente diversa da come si è poi svolto nella realtà, e dall’altra dalla durezza e tenacia con cui sciiti e curdi difendono il potere conquistato da poco. Le ondate di attacchi sanguinosi in mercati, moschee e caserme di polizia, non hanno certo favorito il dialogo.
L’ordine politico costruito nel corso degli ultimi tre anni, non va oltre lo stretto controllo esercitato sulla Zona verde, nella quale hanno sede Parlamento, governo iracheno e rappresentanze di molti Paesi stranieri. Truppe statunitensi e forze di sicurezza irachene non sono riuscite a mettere definitivamente sotto controllo il resto del territorio iracheno. In molte zone violenza, arbitrio e anarchia sono aumentate in modo tale che diversi osservatori parlano di guerra civile in atto. Nelle città e nelle province, i notabili locali, i partiti e le milizie diventano sempre più forti, mentre il governo centrale perde sempre più prestigio.
La Costituzione, venuta alla luce grazie alla protezione e alla collaborazione delle potenze anglosassoni, contraddice in diversi punti le motivazioni con cui la guerra è stata portata avanti ed è sintomo di frustrazione soprattutto per l’opinione pubblica americana. Il peso dato nella legge fondamentale al diritto islamico e la posizione che possiedono gli ayatollah sciiti all'interno del sistema politico del Paese, fanno dell’Iraq una repubblica islamica che non osa darsi questo nome. Per non parlare dei buoni rapporti con l’Iran, ritenuto dagli americani il peggior nemico della stabilità della regione.
Se a tre anni dall’inizio della guerra le sue cause non sono ancora chiare, non lo è nemmeno il futuro del Paese. Prima dell’inizio del conflitto la prestigiosa rivista militare Stratfor aveva scritto che a Washington prendevano in forte considerazione la divisione dell’Iraq in tre parti. Nel 2002, il Jerusalem Post prevedeva invece un altro scenario: dopo la guerra sarebbe nato un Kurdistan indipendente nel nord, che sarebbe potuto vivere grazie alle riserve petrolifere presenti nell’area. I due terzi del sud dell’Iraq sarebbero andati invece alla Giordania, in cambio alla sua disponibilità a incorporare i territori palestinesi. Ciò costituirebbe la realizzazione del sogno ascemita, un regno che andrebbe dalle rive del Giordano a ovest, fino alle frontiere iraniane a est. Molto è cambiato da allora. Soprattutto la morte di Arafat e l’elezione alla presidenza iraniana di un politico-mistico come Mahmoud Ahmadinejad, rendono la realizzazione di questo progetto altamente improbabile.
Di fronte a questi scenari contraddittori, non meraviglia che il presidente Bush respinga le richieste di ritiro delle truppe. L’abbandono americano dell’Iraq significherebbe riconoscere la propria sconfitta, che avrebbe ripercussioni sul rispetto, o il timore, di cui godono ancora gli Usa nel mondo. Persino gli oppositori americani all’invasione dell’Iraq sotengono che oggi è un dovere morale per gli Stati Uniti non abbandonare un Paese che si sta avviando verso il caos. Lo stesso si potrebbe dire per tutti gli Stati che hanno condiviso, in tutto o in parte, l’avventura di Baghdad. Un ritiro delle truppe straniere farebbe nascere una guerra civile che destabilizzerebbe tutta la regione mediorientale.
In Italia, Giulio Andreotti non vede invece «perché si debba stare lì», come ha dichiarato al Corriere delle Sera. Il fatto che sia proprio lui a essere il candidato del governo uscente alla carica di presidente del Senato, dimostra tutta l’assurdità della politica italiana. A meno che anche il vecchio governo, quando si è battuto per schierare il Paese a favore della ricostruzione dell’Iraq, in fondo non sapesse «perché si debba stare lì».

http://www.quadranteuropa.it/articolo.asp?idarticolo=6870









:: Articolo n. s5761 postato il 28-apr-2006 14:36 ECT

www.uruknet.info?p=s5761

Link: www.swissinfo.org/ita/mondo/agenzie/detail/Iraq_per_Saddam_Hussein_terzo_complea
   nno_in_prigione.html?siteSect=143&sid=6668921&cKey=1146244883000




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